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Leopardi e lo spirito imprenditoriale italiano

Giardino italiano

Un passaggio del messaggio di fine anno del Presidente Mattarella tocca temi per noi decisivi:

Sappiamo tutti che quando si parla di noi italiani le prime parole che vengono in mente sono genio, bellezza, buon gusto, inventiva, creatività. Sappiamo anche che spesso vengono seguite da altre, non altrettanto positive: scarso senso civico, particolarismo, individualismo accentuato.

Ricevo ogni giorno molte lettere e, in questo mio primo anno di presidenza, in giro per l’Italia e al Quirinale, ho incontrato tante persone e conosciuto le loro storie. Parlano di coraggio, di impegno, di spirito d’impresa, di dedizione agli altri, di senso del dovere e del bene comune, di capacità professionali, di eccellenza nella ricerca. E non si tratta di eccezioni. Nei miei colloqui con i rappresentanti di altri Paesi, in Italia e all’estero, ho sempre colto una considerazione e una fiducia nei confronti dell’Italia e degli italiani maggiori di quanto, a volte, noi stessi siamo disposti a riconoscere. L’Italia è ricca di persone e di esperienze positive. A tutte loro deve andare il nostro grazie.

Il ringraziamento è cosa giusta e doverosa, ma non basta. E rischia la retorica. Occorre dare carne e sangue all’italico genio, riconoscerlo come il modo tutto nostro di rendere il lavoro un’arte di vivere. Occorre raccogliere e inquadrare le virtù civili e le capacità professionali evocate dal Presidente in un praticabile modello di vita e di lavoro a cui possano ispirarsi persone e imprese. Occorre dare forza alle vocazioni individuali rendendole parte di un progetto di politica economica in cui i singoli possano rispecchiarsi e ritrovarsi. Occorre valorizzare il modo di lavorare italiano rendendolo strategica leva competitiva per la crescita del Paese. Con il necessario realismo, ma senza rinunciare alla forza delle idee. Con il doveroso rispetto alle esigenze materiali che oggi assillano persone e imprese, ma riconoscendo che senza energia spirituale, senza slancio etico ed estetico, la vita, e quindi anche l’economia, annaspano e girano a vuoto.

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