Terre di Lavoro

Il Paesaggio interpretato e comunicato attraverso l'identità lavorativa dei Territori.

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La rinascita dei piccoli borghi riparte dalla fiducia e dal lavoro dei cittadini. Roccascalegna è il simbolo di questa ritrovata sinergia.

L’idea di affittare il castello di Roccascalegna con un piccolo contributo ha avuto molta risonanza anche nei media stranieri. Qual è lo scopo di questa iniziativa?

L’iniziativa era già attiva da qualche tempo, ma grazie al rilancio di una giornalista della CNN le immagini di Roccascalegna hanno fatto il giro del mondo. In effetti la cifra non è esattamente quella scritta nell’articolo, ma resta pur sempre una quota simbolica. L’iniziativa fa parte delle politiche che abbiamo deciso di adottare con la nostra amministrazione per cercare di dare un nuovo futuro al comune di Roccascalegna.

E i risultati si sono visti, infatti, siamo passati dai 7 mila turisti annui che venivano di passaggio a Roccascalegna ai 30-35 mila di oggi. Questa impresa è stata compiuta senza chiedere aiuto a nessun ente come la regione, senza l’intervento di società esterne o altro tipo di aiuti. Il punto di partenza è stata la nostra volontà di valorizzare quello che avevamo tutti i giorni davanti agli occhi e che ci sembrava ormai una banalità.

Come siete riusciti a comunicare la bellezza del vostro borgo?

Per fare il primo passo ci siamo dati da fare sui canali social, senza avere delle competenze nel settore siamo riusciti a individuare i target giusti a cui rivolgere le nostre comunicazioni. Questi piccoli passi hanno generato diverse occasioni che ci hanno permesso di fare un salto di qualità e attirare sempre più persone. Emblematica è stata sicuramente la nostra apparizione nel film di Garrone, “Il racconto dei racconti” in cui la nostra rocca oltre ad essere uno degli scenari del film si staglia come sfondo nella locandina. Fare parte di una eccellenza della cultura italiana oltre a portarci visibilità permette a tutta la comunità di essere maggiormente consapevoli della bellezza che abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi.

Abbiamo capito che per far conoscere la nostra realtà avevamo bisogno che qualcuno raccontasse al grande pubblico le bellezze della nostra rocca, le produzioni televisive e cinematografiche ci hanno permesso di fare quel salto di qualità.

Quale tipo di effetti hanno avuto tutte queste attenzioni dei media sulla vita di Roccascalegna?

La tv e il cinema sono uno strumento di rilancio per il nostro territorio, siamo molto contenti delle attenzioni ricevuti, ora il vero problema nasce non più dalla domanda ma dalla offerta che riusciamo a proporre. Tutta la popolazione sta partecipando attivamente a rendere questa opportunità il momento di rinascita del comune. Noi siamo mille abitanti e oggi vengono fino a 35 mila persone, c’è tanto da fare per non farci sfuggire le opportunità di rilancio del territorio. Il nostro obiettivo è trasmettere ai nostri concittadini la consapevolezza e la speranza che se si pianta un piccolo seme qualcosa può germogliare, che le opportunità bisogna scovarle tra quello che abbiamo.

Il messaggio è stato recepito e la gente ha cominciato a vedere le potenzialità di questa rinnovata attenzione alla nostra rocca. Infatti, in un raggio di 20-30 km Roccascalegna è l’unico paese in cui nell’ultimo anno sono state aperte nuove attività commerciali. Due ristoranti, tre B&B, un birrificio, un negozio di artigianato e un forno che era chiuso ha riaperto e lavora solo con il turismo. Il turismo non è solo un’opportunità economica, ma ci permette di preservare un’identità culturale. Se non avessimo avuto queste occasioni, oggi sarebbero scomparse realtà lavorative artigianali uniche e avremmo perso l’opportunità di continuare a far vivere uno spirito lavorativo che da anni gravita intorno a questa bellissima rocca.

Un castello che evoca atmosfere da fiaba, un simbolo delle bellezze nascoste del nostro paese. Qual è il rapporto delle persone con il castello?

La gente è scoraggiata, ha bisogno di esempi positivi per capire che si può fare qualcosa. Il primo passo che abbiamo dovuto intraprendere è stato quello di far innamorare i nostri concittadini del proprio paese. Era scomparso lo stupore verso questa meraviglia, l’abitudine l’aveva relegata ad una normalità, mentre agli occhi di un esterno è sempre stato qualcosa di molto particolare. Stavamo perdendo insieme al rapporto con il castello la nostra identità. Era diventato qualcosa da mostrare agli ospiti ma nella quotidianità era un segno di qualcosa privo di valore, addirittura scomodo.

Poi quando le persone hanno cominciato a rendersi conto che quello che avevano davanti tutti i giorni piaceva a moltissime persone, e che questa rocca abbandonata faceva girare l’economia del paese, allora qualcosa è cambiato. Vedere il proprio paese la domenica vuoto era una desolazione, oggi il paese è vivo e le persone sono orgogliose e stimolate a fare di più. Vedere persone la domenica farsi una passeggiata con il sorriso in bocca, accompagnando i bambini al castello è la più grande soddisfazione per me e per i miei concittadini.

Il castello di Roccascalegna ha rappresentato per secoli un punto di riferimento per il territorio, quali sono le tradizioni lavorative che hanno gravitato attorno al borgo?

L’esempio lavorativo che vorrei sottolineare è quello della nostra ProLoco. Troppo spesso sottovalutiamo l’importanza delle persone che credono in un progetto e spendono il proprio tempo libero per migliorare il luogo dove vivono. È grazie a tutte le persone che si sono impegnate che siamo riusciti ad ottenere questi risultati; è grazie ai ragazzi del paese che gestiscono il castello. Una delle prerogative che ci siamo dati è stata quella di non dare a società esterne la gestione della rocca, non avrebbero avuto lo stesso spirito di un abitante del luogo.

La passione di un ragazzo che inizia a 12-13 anni ad avere un piccolo ruolo nella rinascita del proprio paese è un grande contributo per la ricostruzione identitaria del nostro comune. Attraverso il rapporto con i ragazzi più giovani riusciamo ad avere una continuità identitaria e allo stesso tempo a svecchiare il nostro punto di vista. Il prossimo passo che vogliamo realizzare è veicolare questa passione e questa energia in un qualcosa che produca reddito e dia lavoro a questi giovani. Vogliamo cercare di radicare sul territorio l’idea che si può guadagnare facendo cose belle e utili per la comunità.

È fondamentale per il nostro comune, e i tanti comuni come il nostro, che in nostri ragazzi possano sognare il loro futuro dove sono nati e non per forza a Roma o Milano o addirittura all’estero. Sono i loro i primi ad intuire le potenzialità del territorio, e per questo gli va data la possibilità di farlo.

Il vostro è un esempio positivo per tante realtà che si trovano in una situazione analoga alla vostra. Quali consigli vuole dare agli altri amministratori

Più che consigli è una chiamata all’azione, ci stiamo muovendo e le altre amministrazioni hanno riconosciuto i risultati delle nostre iniziative, per questo ci contattano per capire come abbiamo fatto ad ottenere questi risultati straordinari.

La cosa che mi sento di dire a chi sta provando a riqualificare il proprio comune è che prima di tutto bisogna lavorare per ricucire una comunità che spesso è divisa da ragioni futili. Bisogna riportare attenzione verso le proprie bellezze senza guardare con invidia quelle del vicino. Ad esempio il turista che viene in Abruzzo sulla costa per andare al mare diventa una risorsa anche per noi. Però siamo noi che dobbiamo cercare di costruire un’offerta in grado di attrarlo. A ferragosto, periodo di punta per il turismo, nella nostra area non c’è niente, noi ci siamo mossi per attirare le persone a passare una giornata unica. Ci siamo resi conto che le festività in cui si muovono le masse turistiche sono un’occasione per noi in quanto sono fuori dalle principali mete e quindi fuori dal caos e dall’affollamento. La gita fuori porta diventa uno dei nostri format. Prima le persone arrivavano, vedevano il castello e ripartivano perché non c’era niente da offrire. Oggi vengono alle 8 del mattino e se ne vanno alle 8 di sera, abbiamo organizzato con la proloco spettacoli a tema in grado di intrattenere e far passare una piacevole giornata.

Siete uno dei trentanove comuni italiani facenti parte dell’Associazione Nazionale delle Città del Miele, cosa significa per il vostro comune aderire a questo tipo di iniziativa? Quali sono le vostre tradizioni e specialità enogastronomiche?

Questo è una mia grande battaglia. Qui a Roccascalegna abbiamo avuto i più grandi produttori di miele ma purtroppo non c’è stata una strategia che abbia saputo sfruttarne le potenzialità. Abbiamo proposto questa iniziativa per cercare di far capire agli apicultori che non bastava produrre miele e venderlo ai consorzi, ma era necessario diversificare i prodotti e radicarli alle particolarità del territorio.  Un comune limitrofo ha saputo molto bene valorizzare il suo miele, il produttore è diventato un venditore al dettaglio con i suoi prodotti e la sua storia. Diventa fondamentale per un produttore poter raccontare la propria storia. La vita dell’apicultore è una vita dura, fatta di sacrifici. È un lavoro stagionale che è in balia del clima, l’ape è un indicatore del cambiamento climatico.

Questo è quello che dobbiamo sviluppare anche per gli altri nostri prodotti enogastronomici, in modo che siano da sostegno alla rivalorizzazione del nostro comune. Ci sarebbe tanto da dire e da fare, è questo il discorso da fare per i piccoli comuni abbandonati a sé stessi.

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