Terre di Lavoro

Il Paesaggio interpretato e comunicato attraverso l'identità lavorativa dei Territori.

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Le parole dell’impegno e della passione di un sindaco che vuole dare un futuro al suo territorio. Lino Gentile è uno dei protagonisti della rinascita del comune di Castel del Giudice, un esempio illuminante per il Molise e per molti territori italiani.

Qual è la filosofia che è dietro al percorso di rinascita di Castel del Giudice?

Il nostro progetto parte dalla consapevolezza che le debolezze possono rappresentare un elemento di forza, paradossalmente possono essere un vantaggio competitivo. Non pensiamo a quello che non abbiamo, cerchiamo di valorizzare quello che abbiamo. Questa è la mia ricetta, è un atteggiamento positivo, bisogna dare esempi generativi. Consapevole dell’esigenza di creare progetti in grado di camminare con le proprie gambe dal punto di vista economico finanziario, dobbiamo puntare sui valori di un territorio autentico e non compromesso. Questa è la filosofia che abbiamo messo in campo, questi sono stati i principi ispiratori che ci hanno mosso negli ultimi anni a fare.

Quali sono state le iniziative che vi hanno permesso di dare un futuro al vostro comune?

Il primo progetto nasce, appunto, dall’idea di valorizzare quello che c’è e non di lamentarsi di quello che manca. La scuola, abbandonata da anni, è stata trasformata in una struttura sanitaria per accoglienza anziani (RSA San Nicola). In questa struttura lavorano da 15 anni 25 persone e, in un paese di 320 abitanti, è un grande risultato.

Il secondo intervento è stato quello di prendere in gestione i terreni agricoli abbandonati. L’abbandono di questi terreni rappresentava la decadenza del territorio e anche un rischio idrogeologico. Siamo riusciti a recuperarli e a convertirli nella produzione di mele biologiche, di orzo biologico, e adesso stiamo sperimentando anche il luppolo.

La terza fase di questo progetto di valorizzazione del nostro territorio è stata alimentata dal concetto di albergo diffuso. Grazie al progetto dell’albergo diffuso Borgotufi le vecchie stalle del paese, utilizzate in modo marginale, costituiscono lo spazio per una bellissima struttura ricettiva, di cui sono molto orgoglioso.

Quindi il primo passo per ricostruire i valori di un territorio è restituirgli la possibilità di esprimersi attraverso il lavoro che lo caratterizza. In un territorio in forte spopolamento come si convincono le persone a rimanere, o a tornare?

Sono d’accordo, creare lavoro significa creare qualità garantita a 360 gradi. Per rispondere al problema dello spopolamento abbiamo attivato un progetto di integrazione di migranti, perché riteniamo che per un piccolo comune la migrazione sia un’opportunità e non una minaccia. Questo progetto ci vede in campo ormai da parecchi anni, dopo tanta fatica qualche risultato importante lo abbiamo ottenuto, stiamo avvertendo il cambiamento. Ha contribuito molto nello sviluppo dei nostri progetti una buona comunicazione, aver avuto attenzione da parte dei media nazionali ci ha permesso di uscire dal nostro isolamento. Questo tipo di visibilità è positiva nella maniera in cui ti dà la consapevolezza che le cose stanno andando nel verso giusto. C’è ancora molto da lavorare, è necessario un atteggiamento positivo, dobbiamo sforzarci di creare valori positivi per far crescere la comunità.

Cosa significa essere il sindaco di un piccolo comune? Come si preserva un piccolo borgo delle aree interne italiane spesso destinato all’abbandono?

Sono convinto che le piccole comunità, le piccole regioni, devono essere laboratori sperimentali di idee. Possono diventare modelli che, una volta testati, possono essere replicati in ambienti più vasti. Le piccole realtà hanno l’opportunità di rischiare, perché il possibile effetto negativo è molto limitato, circoscritto e controllato, mentre i benefici possono essere molto importanti.

Per questo noi di Castel del Giudice ci candidiamo ad accogliere sperimentazioni gestionali e ambientali. L’anno scorso un’azienda ha voluto sperimentare nel nostro comune un modello di gestione integrata della pubblica illuminazione, che oltre all’illuminazione dà altri servizi come il wi-fi e la videosorveglianza. In questa sinergia tra pubblico e privato, noi abbiamo guadagnato in termini di servizi, loro hanno guadagnato in termini di visibilità e di applicazione. Le tematiche etiche di responsabilità sociale ed ambientale trovano nel nostro territorio un fertile terreno, il fatto di essere stati ai margini dello sviluppo economico ci ha permesso di mantenere un territorio non compromesso. Questi sono i valori su cui le piccole comunità hanno la possibilità di riscattarsi e di proiettarsi nel futuro.

Quali consigli potrebbe dare alle altre amministrazioni per preservare la loro comunità? Che atteggiamento dovrebbero tenere i sindaci?

Sono sempre abbastanza restio a dare lezioni agli altri, ma sono convinto che condividere le esperienze sia fondamentale. La prima regola su cui abbiamo basato il nostro lavoro è quella di rinunciare al vittimismo, di liberarci dal lamento rinunciatario. È giusto agire con la consapevolezza delle possibilità reali che si possono sviluppare, senza fare troppi voli pindarici. Però bisogna guardare a queste iniziative con spirito positivo, perché se poni l’attenzione solo sulle difficoltà non raggiungerai nessun obiettivo. Senza essere ingenui, bisogna avere quell’atteggiamento, quella propensione, che ha l’imprenditore nello sviluppare la sua impresa.

Un altro consiglio che posso dare è quello di migliorare la lettura del territorio, bisogna scovare le opportunità nascoste. Programmare obiettivi a lungo termine uniti ad obiettivi a breve, perché la gente non può aspettare. C’è bisogno di avere risultati costanti anche soltanto di valore strumentale per un percorso più ampio. Guardare lontano ma con step che siano raggiungibili. Un piccolo esempio: anche le persone più restie al cambiamento, quando hanno visto realizzarsi la casa di riposo, dopo tante incertezze hanno cominciato a capire il messaggio. Il progetto è diventato per tanti anziani una sicurezza. Grazie a questo conquisti la fiducia delle persone che apprezzano il tuo lavoro e ne diventano la prima forza motrice.

Possiamo dire che Castel del Giudice è anche un esempio virtuoso di sinergia tra ente pubblico e iniziativa privata?

Verissimo, uno straordinario esempio. Senza imprenditori che portano la loro esperienza nel territorio, è quasi impossibile per il pubblico sviluppare da solo una visione chiara per realizzare i progetti. Noi abbiamo degli esempi straordinari come Nicola Scarlatelli ed Ermanno D’Andrea, entrambi imprenditori originari di queste zone. In particolare Ermanno D’Andrea ha aperto uno stabilimento, una costola della sua impresa di Milano, proprio nel nostro comune, il che ha spinto tanti a definirlo come l’Olivetti molisano. Quando lo conobbi mi disse che avrebbe insediato la propria impresa soltanto a condizione che fosse considerato un partner di altre iniziative su tutto il territorio. Lui insieme agli altri sono nostri partner non soltanto dal punto di vista economico ma anche a livello culturale. Avere un rapporto costante con la cultura imprenditoriale può aiutare il pubblico a realizzare le sue politiche. Il valore aggiunto è dato dalla contaminazione reciproca, dalla sinergia.

L’albergo diffuso è un modello che potrebbe essere replicato e replicabile per il Molise. Può diventare una caratteristica dell’offerta turistica regionale?

È un elemento molto innovativo di ricezione turistica e ci permette di valorizzare il nostro potenziale. Abbiamo un patrimonio edile abbandonato, non possiamo fare altri alberghi, questa soluzione permette zero consumo del suolo. È una soluzione innovativa perché è essa stessa un’azione di recupero del territorio. Attraverso l’albergo diffuso ci caratterizziamo per un’offerta ricettiva intelligente, un’offerta che diventa importante fattore di attrazione. Un’altra cosa bella, che mi piace raccontare, è che le camere di Borgotufi sono state costruite in quelle che una volta erano le stalle del paese. Questi luoghi hanno rappresentato un asset importante nello sviluppo economico dei nostri avi. Lo stesso immobile che ha avuto una funzione fondamentale nello sviluppo economico del nostro territorio, lo sviluppo rurale, adesso cambia veste. L’auspicio è che anche le altre tradizioni del nostro territorio possano produrre effetti cospicui in futuro.

Quanto è importante ridonare alla terra il lavoro, ridare alla terra la possibilità di esser coltivata, regalare di nuovo alla terra il lavoro?

Da studente di economia mi ricordo che tutto si fondava sul capitale, lavoro e terra, e troppo spesso il lavoro e la terra sono stati dimenticati. La Carta di Milano, le politiche del food, il recupero dello spreco, sono concetti che vanno veicolati anche in un piccolo comune. Grazie a questa consapevolezza nasce l’opportunità di riaggregare un territorio con politiche ad ampio respiro. Il progetto di recupero dei terreni abbandonati ci darà la possibilità di realizzare degli orti e degli alveari. Sono iniziative che vanno a rafforzare il concetto di comunità. Un piccolo comune anche in questo può contribuire a dare un esempio importante agli altri, non come risposta ad un’emergenza ma come progetto di vita.

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