Ci siamo appena lasciati alle nostre spalle un anno difficile e per molti versi drammatico. In tanti lo salutiamo senza rimpianti, con un senso di liberazione e malcelata soddisfazione. Di fronte, inutile illuderci abbiamo l’ennesimo tempo confuso, nebbioso, irto di incognite. Eppure… Eppure proprio oggi ci sostiene una capacità tipicamente italiana: quella di stare e operare nella possibilità. Senza certezze, fondandosi su congetture empiriche, consapevoli del rischio incombente dell’errore. Nella vigile aspettativa che sa cogliere l’occasione là dove altri non vedono nulla o peggio il nulla.
Ci deve ispirare l’atteggiamento di un grande italiano, così come lo descrive Leopardi nelle Operette morali. Parlo dello spirito di Cristoforo Colombo che, seppur stanco, dubbioso e cauto dopo lunga e infruttuosa navigazione (e chi oggi non è un po’ come lui?) conserva però l’intelligenza vigile degli imprenditori-esploratori, la cui opera rimane sempre all’insegna della speranza curiosa: “Da certi giorni in qua, lo scandaglio, come sai, tocca fondo; e la qualità di quella materia che gli vien dietro mi pare indizio buono.
Verso sera, le nuvole intorno al sole, mi dimostrano d’altra forma e di altro colore da quelle dei giorni innanzi. […] Aggiungi quella canna che andava in sul mare a galla, e mostra essere tagliata di poco; e quel ramicello di albero con quelle coccole rosse e fresche. Anche gli stormi degli uccelli, benché mi hanno ingannato altra volta, nondimeno ora sono tanti che passano, e così grandi; e moltiplicano talmente di giorno in giorno; che penso vi si possa fare qualche fondamento. […] In somma tutti questi segni raccolti insieme, per molto che io voglia essere diffidente, mi tengono pure in aspettativa grande e buona”.
La stessa aspettativa, sulla base di indizi che per chi sa osservare appaiono chiari e inequivocabili, possiamo fiduciosamente e realisticamente riporre in un futuro animato dal modo italiano di lavorare e di fare impresa.
