Terre di Lavoro

Il Paesaggio interpretato e comunicato attraverso l'identità lavorativa dei Territori.

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Far mente locale

Citta ideale

Stare ovunque senza mai essere davvero da nessuna parte: è ciò che purtroppo caratterizza tante realtà produttive italiane che accecate dai miti della peggiore globalizzazione hanno adottato una concezione de-localizzata e uniformante del fare. La differenza, la diversità, la particolarità cancellate a favore dell’uguale, dell’omogeneo, del generale. È soprattutto lo spazio ad aver perso la sua unicità: è stato defisicizzato, trasformato da occasione per davvero abitare a vuoto da riempire e consumare. È prevalso il funzionalismo: inutile perdere tempo a stabilire un’autentica relazione con l’ambiente, l’importante è che quest’ultimo “serva” e “funzioni”, che funga da supporto tecnico dal punto di vista economico e produttivo. Un modo stupido di fare impresa, che impedisce di accorgersi dell’enorme valore rappresentato dalla varietà di territori e di paesaggi produttivi. Come se produrre qualcosa non avesse nulla a che fare con il dove lo si produce.

Ma a fronte della sterile monotonia della deterritorializzazione, cresce presso produttori e consumatori l’aspirazione a ciò che è incommensurabile, irripetibile, incomparabile. Si sente il bisogno di far mente locale.

Fare mente locale vuol dire avere la capacità di opporsi alla deriva del vivere ovunque e dell’essere da nessuna parte, passare dal No-where, dal nessun luogo, al Now-here, al qui e adesso. Far propri un luogo, una situazione, una storia, riconoscerli mentre in essi ci si riconosce, mettere in essi radici nel mentre in essi si lavora e si produce.

In termini lavorativi fare mente locale significa una serie di cose ben precise:

  • riconoscere il genius loci, ovvero valorizzare lo spirito e l’identità profonda del luogo di produzione; canalizzarne le energie dove esistono, rafforzarle dove latitano; rapportarsi con esso in spirito di reciprocità, non predarlo e neppure calpestarlo;
  • vitalizzare il lavoro (dargli concretezza, collegarlo alla varietà e profondità dell’esistenza di chi lavora);
  • affettivizzare il prodotto (riconoscergli unicità di identità, quindi provenienza, storia, durata, divenire).

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