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Chi governa le identità governa il mondo

Chi governa le identità governa il mondo

L’articolo dello scrittore israeliano Abraham Yehoshua “Può nascere in Sicilia la comunità del Mediterraneo”, pubblicato su La Stampa del 21 luglio, sollecita una duplice reazione. Compiacimento per un verso, rabbia per l’altro.

La proposta di Yehoshua ha chiari echi gramsciani, è limpida e ha la forza di un teorema.

Il mediterraneo e il medio oriente, dilaniati da scontri, divisioni e fondamentalismi, avrebbero tremendamente bisogno di ritrovarsi attorno a una nuova idea di comunità mediterranea.

L’Italia ha tutte le carte in regola (culturali, storiche, antropologiche, filosofiche, geopolitiche) per giocare un ruolo fondamentale al fine di dotare le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo di un’identità comune, in grado di infondere un rinnovato senso di appartenenza al di là delle differenze e dei conflitti.

Forgiare questa comune identità mediterranea contribuirebbe a smussare gli integralismi, ricreando un tessuto di valori e di indirizzi esistenziali in cui popoli e nazioni potrebbero riconoscersi.

La creazione di un collante identitario assicurerebbe all’Italia una posizione di spicco e di assoluto prestigio non soltanto sullo scacchiere mediterraneo e mediorientale, ma all’interno della comunità europea, spostandone a sud il baricentro, rispetto all’egemonia e alla prepotenza francese e tedesca.

Questa per sommi capi la tesi di Yehoshua. Aggiungo che il mondo contemporaneo, preda di un cronico smarrimento ideale e valoriale, avrebbe tremendamente bisogno di ritrovarsi a proprio agio in una casa comune, e sarebbe ben disposto a riconoscerne il giusto valore, anche in termini economici.

Rendere l’Italia protagonista di un processo di tessitura relazionale e identitaria, a livello mediterraneo e forse anche globale, avrebbe un grande impatto economico. Genererebbe enormi possibilità imprenditoriali e un mercato di sbocco per un Made in Italy fondato sugli asset intangibili. Parlo di prodotti e servizi messi in grado di esprimere non soltanto valori d’uso e di scambio, ma una vera e propria arte di vivere. Penso a un modo intelligente di esportare non soltanto prodotti e servizi, ma con essi l’italian way of life, l’insieme di esperienze culturali, indirizzi etici, proposte esistenziali che ci rende un paese trendsetter a livello globale.

Certo, il compiacimento lascia il posto allo sconcerto: perché una simile lucidità di pensiero in uno scrittore israeliano mentre nessun politico nostrano sembra in grado di sviluppare uno straccio di visione strategica?

Possibile che il nostro enorme patrimonio ideale e morale non riesca a trovare una qualche minima forma di rappresentanza? Penso ai migliori tra noi pronti a impegnarsi e ad agire se soltanto si riuscisse a trovare la forza e l’energia per indicare nuovi ed eccitanti orizzonti. Ma, forse, a ben guardare qualcosa di nuovo sta nascendo, nelle viscere più profonde dell’Italia più vera.

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