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Il lavoro italiano piace

Made in Italy

I numeri ci dicono che qualcosa si sta muovendo. Per davvero. Una recente analisi della banca dati Zephir di Bureau van Dijk dimostra che i capitali stranieri sono tornati in Italia. E non per portarsi via i pezzi buoni del Paese, ma perché hanno fiducia nel nostro sistema produttivo.

Vediamo i dati, riportati da Il Sole24Ore del 24 Febbraio. Investimenti in ingresso aumentati dai 51,3 miliardi del 2014 a 74,4 miliardi. Il 58% in acquisizioni di maggioranza, un dato che conferma la volontà di investire su di noi e non di portarsi via know how. Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Piemonte le Regioni in cui si concentrano gli investimenti. Perché la scelta di puntare sull’Italia? Lo spiega bene Paolo Bricco: perché nonostante gli endemici problemi che ci assillano le virtuose imprese manifatturiere mostrano “una capacità specializzativa – rispetto all’area euro – sorprendente: negli articoli in pelle e nella ceramica, nei materiali da costruzione e nell’automotive, nell’abbigliamento e negli elettrodomestici, nel tessile e nella meccanica, negli utensili e nell’illuminazione, nella gomma-plastica e nelle bevande. Questi capitali arrivano in Italia perché, nel segmento manifatturiero, l’innovazione di processo e l’innovazione di prodotto sono fra le più rilevanti in Europa”.

Innovazione di processo e innovazione di prodotto: in altre parole chi investe in Italia investe su una ritrovata specificità produttiva, su un modo italiano di lavorare che oggi risulta particolarmente interessante. I numeri dicono molto, ma non tutto. Per comprendere l’interesse degli investitori occorre dire con chiarezza che il vero made in Italy non è tanto e soltanto un prodotto, ma uno stile di processo, un modo di lavorare assolutamente unico, che coniuga il saper fare con il saper essere, l’efficacia e l’efficienza con un’arte di vivere, l’innovazione produttiva con un’intelligenza del mondo fondata sul gusto, sulla relazionalità, sulla bellezza. Gli investitori, con grande fiuto, stanno acquisendo non soltanto quote di imprese, ma un modo di lavorare che è un modo di stare al mondo, di pensare il mondo, di relazionarsi con il mondo, di vivere il mondo. Per le imprese italiane è il momento di esserne pienamente consapevoli, per diventare sempre più attrattive e non in svendita.

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