Terre di Lavoro

Il Paesaggio interpretato e comunicato attraverso l'identità lavorativa dei Territori.

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Il lavoro produttore di salute

Lavoro produttore di salute

Che cosa produce il lavoro? Prodotti, servizi, energia, conoscenze. Certo. Ma non solo. Nel mentre lavoriamo non produciamo soltanto qualcosa, produciamo sempre qualcuno. Innanzitutto noi stessi. Quindi gli altri. In che senso?

Il lavoro va considerato per ciò che esso è per davvero: un generatore di vita. Il lavoro assorbe molta parte dell’esistenza, e la informa, la plasma, dà ad essa senso e indirizzo. In maniera qualitativamente assai variabile. Questo è il punto. Il lavoro va considerato come un fattore potenzialmente salutogenetico. Può cioè determinare in modo rilevante la salute delle persone, contribuendo alla condizione di “completo benessere” dell’essere umano. Benessere fisico, mentale, relazionale. E poi sociale, civile, spirituale.

Dopo una giornata di lavoro siamo diventati persone migliori? Abbiamo prodotto buona umanità, in noi e negli altri? Domande che un mainstream economicista di insopportabile pochezza ha totalmente trascurato o al più considerato marginali esternalità, accessorie e collaterali ai processi produttivi. Il lavoro contiene invece chiare ed evidenti occasioni salutogenetiche. Nel corso del fare prende forma l’identità individuale e collettiva. Prende vita la coscienza di luogo, la consapevolezza di vivere e operare all’interno di una Storia, di una tradizione, di un paesaggio naturale e antropico.

Con il fare si irrobustisce la coscienza civile, l’impegno e la responsabilità verso gli ambienti naturale e sociali in cui si opera. Il lavoro è palestra attraverso cui esercitare la capacità di comprendere il mondo, in un gioco di intelligenza, metodo, creatività, innovazione. Con il lavoro si supera l’autismo esistenziale, la persona riscopre appartenenze comunitarie, il valore dei beni di relazione, l’intersoggettività dell’identità e il peso del capitale sociale. Nel fare si recupera un’etica e un’estetica del vivere, alla luce di vocazioni e impegni capaci di innervare l’intera esistenza.

Il lavoro può essere tutto questo. Oppure esattamente il contrario. Una dimensione di malessere, di sorda alienazione, antropologicamente sterile, dove viene promosso il peggio dell’essere umano. Tutto dipende da come il lavoro viene concepito, organizzato, gestito, e vissuto.

Stare bene, lavorare bene, produrre bene non è un’utopia. Il modello di Lavoro Italiano, l’italian way of work, indica la via per conciliare saper fare e saper essere. Nei secoli la cultura italiana, in Italia e in giro per il mondo, ha elaborato la formula per rendere il lavoro una dimensione salutogenetica. Capace di far fiorire persone e ambienti, e allo stesso tempo in grado di rendere straordinariamente competitive imprese e territori.

Urge che le imprese e le istituzioni ne prendano coscienza, e rendano il genius faber italiano motore di salute, di benessere materiale, civile, esistenziale.

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