Terre di Lavoro

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PORTO FLAVIA: approdo di vivenza

Porto Flavia e la vivenza

Porto Flavia è un porto volante. Luogo da cui partivano minerali estratti in miniera. Varco aperto tra il ventre della terra e il canto del mare.

Quando diciamo che il lavoro italiano è portatore di vivenza, ricco di anima, capace di raccontare l’identità di un territorio e il carattere di un luogo e di un paesaggio, pensiamo anche a esempi come questo.

Siamo nel Sulcis, nei pressi di Masua (Iglesias). Qui, la bellezza della costa dialoga con l’opera dell’uomo grazie alla messa in sicurezza, ripristino ambientale e bonifica delle aree minerarie dismesse.

IGEA è la società in house della Regione Autonoma Sardegna che gestisce i siti di elevato interesse turistico dal punto di vista archeoindustriale, e che permette di visitare Porto Flavia e numerosi altri siti di grande pregio.

All’inizio del secolo scorso, il comparto minerario di Nebida-Masua-Acquaresi era gestito da una società belga che assunse un ingegnere italiano, Cesare Vecelli, per risolvere il problema di creare un porto aperto ad un’altezza di oltre 15 metri su una parete di roccia, a picco sul mare.

La soluzione avrebbe permesso di rivoluzionare il sistema di imbarco di minerali, fino a quel momento trasportati per mezzo di contenitori caricati a spalla dai lavoratori sulle loro barche a vela.

Nel 1924 l’ingegner Vecelli progettò così Porto Flavia: non una miniera ma una soluzione ingegnosa realizzata scavando la montagna per circa 600 metri.

Due gallerie sovrapposte e un nastro trasportatore permettevano di ricevere i minerali dai depositi sotterranei per poi trasferirli con un braccio meccanico direttamente nella stiva delle navi da carico. Tra le due gallerie, la roccia venne scavata per costruire nove silos enormi, della capacità complessiva di 10.000 tonnellate di materiale, pensate per ospitare il minerale trasportato tramite un trenino dalla miniera di Masua.

L’ingegnere riuscì così nel suo intento di realizzare un porto invisibile, che si rivela allo sguardo solo nell’apertura a strapiombo sul mare, ornata di torrette che lo fanno sembrare un castello.

A essere invece evidente è la volontà del progettista di coniugare estetica a soluzioni ingegneristiche, e il desiderio di proiettare se stesso nella propria opera, al punto di dare al porto il nome della figlia primogenita.

Porto Flavia è il luogo dove si rinnova il patto tra lavoro e storia, ingegno umano e amore per il territorio, fatica e dolcezza.

La passione e la competenza con cui le guide accompagnano le persone alla scoperta di questo sito permette oggi di entrare in contatto con un luogo vivo, che dimostra ancora una volta come anche nelle condizioni più dure e nei settori lavorativi apparentemente meno attraenti il lavoro italiano – il genio italiano – permette di entrare in connessione profonda con la complessità della realtà. E di generare bellezza.

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