Con la globalizzazione si è andata affermando una concezione de-localizzata e uniformata del vivere, priva di centri, valida sempre e in qualsiasi luogo. La differenza, la diversità, la particolarità cancellate a favore dell’identico, dell’omogeneo, dell’uniforme.
A fronte della monotonia della de-localizzazione cresce però il desiderio di fare esperienze incommensurabili e incomparabili. È sempre più forte il bisogno di far mente locale. Far mente locale vuol dire opporsi alla deriva del vivere ovunque e del non essere da nessuna parte. Passare dal no-where al now-here, dal nessun luogo al qui e ora. Significa dotarsi di mappe mentali che consentano di far propri un territorio, una situazione, una storia, di installarvisi, nel mentre in essi si lavora, si produce, si consuma.
Per il Made in Italy fare mente locale è strategico. In un triplice senso.
- Riconoscere il genius loci, ovvero valorizzare lo spirito e l’identità profonda del luogo di produzione. Canalizzarne le energie dove esistono, rafforzarle dove latitano. Rapportarsi con esso in spirito di reciprocità, non predarlo e neppure calpestarlo.
- Animare il prodotto, ovvero riconoscergli identità, quindi provenienza, storia, durata, divenire.
- Vitalizzare il genius faber, ovvero dare concretezza e voce al nostro particolare modo di lavorare, rendere il lavoro espressione della nostra arte di vivere.
La tua azienda riesce a far mente locale? Come dà voce al genius loci? Come lo utilizza per le proprie strategie di business?